L'HACCP (Hazard Analysis and Critical Control
Points) è un sistema di autocontrollo igienico
che previene i pericoli di contaminazione
alimentare. Esso si basa sul controllo
sistematico dei punti della lavorazione degli
alimenti dove c'è un pericolo di contaminazione
sia di natura biologica che chimica ma anche
fisica.
Prima dell'adozione del sistema HACCP i
controlli venivano effettuati a valle del
processo produttivo, con analisi sulla salubrità
soltanto del prodotto finito, pronto per la
vendita al consumatore con un‘eventuale azione
correttiva a ritroso, attuata successivamente
alla concretizzazione del rischio in pericolo.
Dopo l'emanazione del D.L. 155/1997 poi abrogato
dal regolamento CE 852/2004, il sistema HACCP
invece introduce il concetto di prevenzione e
parte dalla ricerca dei pericoli verificabili
durante una qualsiasi fase del processo
produttivo e pure durante ogni altra fase
successiva come lo stoccaggio, il trasporto, la
conservazione e la vendita al consumatore. In
altri termini questo controllo si prefigge di
monitorare tutta la filiera del processo di
produzione e distribuzione degli alimenti. Lo
scopo è quello di individuare le fasi del
processo che possono rappresentare un punto
critico (per esempio: la distribuzione di
mascarpone deve mantenere la catena del freddo,
quindi anche l'automezzo che lo trasporta deve
attenersi a determinate temperature, perciò
occorre che la temperatura sia sempre costante,
per cui si deve assolutamente evitare anche un
guasto momentaneo).
Pone un importante accento sulla qualità
alimentare, in particolare riguardo a salubrità
e sicurezza, concetto che va oltre alla semplice
soddisfazione del cliente, ma punta piuttosto
alla tutela della salute pubblica.
I sette principi del sistema H.A.C.C.P
I punti fondamentali del sistema dell'HACCP, la
cui applicazione nelle aziende alimentari è
diretta a far sì che un qualsivoglia alimento
non sia causa di danno alla salute del
consumatore, sono identificabili in sette
principi:
Principio 1 (Individuazione e analisi dei
pericoli)
Identificare i pericoli potenziali associati
alla produzione di un alimento in tutte le sue
fasi, dalla coltura o allevamento al processo,
alla produzione e distribuzione fino al consumo.
Valutare le probabilità che il rischio si
verifichi e la gravità dell'eventuale danno ed
identificare le misure preventive per il suo
controllo. I pericoli che attentano alla
sicurezza del prodotto possono essere
classificati in fisico-chimici e biologici.
Principio 2 (Individuazione dei CCP (punti
critici di controllo))
Ovvero vengono definite tutte quelle operazioni
per le quali un’azione preventiva o di controllo
è in grado di eliminare il pericolo. Per
identificare le fasi che possono essere
controllate viene utilizzato "Albero delle
decisioni", al fine di identificare se un
passaggio all'interno della produzione (da
intendersi in senso ampio) di un alimento è da
ritenersi un punto critico di controllo o
solamente un punto critico. Ogni fase
rappresenta uno stadio di produzione e/o
manipolazione degli alimenti, comprendenti la
produzione primaria, la loro ricezione e
trasformazione, la conservazione, trasporto,
vendita e uso del consumatore.
NON sono punti critici di controllo:
un'azione che non ha un metodo di controllo e
riduzione del pericolo (che verrà invece
identificata come un punto critico);
un punto critico che a valle è in possesso di un
sistema che elimini il pericolo.
Principio 3 (Definizione dei Limiti Critici)
Stabilire i limiti critici che devono essere
osservati per assicurare che ogni CCP sia sotto
controllo. In pratica, limite critico è quel
valore di riferimento che separa l’accettabilità
dall’inaccettabilità, in altre parole sono ciò
che consente di garantire la sicurezza di un
prodotto finito. I limiti critici sono desunti
da quelli di legge, ove presenti, oppure da GMP
(good manufacturing practices), nel senso che
possono derivare dall’adozione di una igienica
pratica di lavorazione propria di un‘azienda.
Un classico esempio è la temperatura minma e
massima a cui devono essere conservati tutti
quegli alimenti soggetti a degradazione; oppure
i tempi di lavorazione o i parametri
microbiologici e chimici.
Importante ricordare che non sempre i limiti
critici sono rappresentati da valori numerici,
possono infatti corrispondere a quantità
rilevabili sensorialmente come la presenza o
assenza di sporco visibili.
Principio 4 (Definizione delle procedure di
monitoraggio)
Attuare una serie di azioni preventive e
misurazioni per tenere sotto controllo e entro i
limiti di sicurezza i CCP.
Il monitoraggio prevede interventi e modalità
che dipendono dalla realtà dell’azienda in
oggetto, un piano minimo di controllo
solitamente però prevede:
controllo e qualifica fornitori
controllo conservazione dei prodotti
registrazione temperature di conservazione
controllo e predisposizioni di procedure di
lavorazione definite in tempi e modi
controllo e pianificazione condizioni igieniche
Un piano minimo di controllo deve inoltre
riportare:
chi si occupa di monitorare e verificare i dati
rilevati
quando vengono effettuate le misurazioni o le
osservazioni
come vengono effettuati il monitoraggio e la
valutazione dei risultati
I risultati dell’attività di monitoraggio
rivelano la padronanza (autocontrollo) di ogni
singola fase di un qualsiasi processo.
Principio 5 (Definizione e pianificazione delle
azioni correttive)
Stabilire in anticipo le azioni da attuare
quando il monitoraggio indica che un particolare
CCP non è sotto controllo. Le azioni correttive,
meglio dette "trattamenti", richiedono sia le
azioni di trattamento delle “non conformità”,
che la revisione del sistema per eliminare la
possibilità che la deviazione dei parametri
prefissati possa verificarsi nuovamente.
La sua efficacia è data dalla sua tempestività,
ovvero consentire il ritorno alle normali
condizioni di sicurezza nel più breve tempo
possibile.
Le azioni correttive devono comprendere:
la correzione della causa dello scostamento dal
limite critico
la verifica che il CCP sia di nuovo sotto
controllo
le procedure da attivare verso gli alimenti non
sicuri perché prodotti quando il CCP non era
sotto controllo [3].
la registrazione dell'accaduto e delle misure
adottate
l'eventuale individuazione di misure preventive
più efficienti
Principio 6 (Definizione delle procedure di
verifica)
Stabilire procedure per la verifica che
includano prove supplementari e procedure per
confermare che il sistema HACCP stia funzionando
efficacemente (ispezioni, controlli, riscontri
interni e/o esterni, analisi chimiche e
microbiologiche). Viene controllato sul campo se
ciò che è stato visto e detto era anche previsto
e scritto, e se questi funzionano o no. Permette
di riconoscere l’effettiva adeguatezza delle
misure adottate in riferimento allo stato
dell’arte della situazione. La frequenza delle
procedure di verifica deve essere indicata nel
piano di autocontrollo ed è influenzata dalle
dimensioni dell'azienda, dal numero di
dipendenti, dal tipo di prodotti trattati e dal
numero di non conformità rilevate.
Va ricordato che il sistema HACCP è un sistema
dinamico che può venir cambiato e integrato.[4].
Principio 7 (Definizione delle procedure di
registrazione)
Stabilire una documentazione riguardante tutte
le procedure di registrazione appropriate a
questi principi e loro applicazioni.
La documentazione deve essere firmata dal
responsabile del piano di autocontrollo.
Sulla documentazione si basa infatti gran parte
del controllo ufficiale (ispezioni e audit) da
parte dei servizi di prevenzione dell’USL
(Servizi Veterinari e SIAN).
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